Tra le forme di ageismo analizzate nel “Global report on aging” (2021) la discriminazione messa in atto nei confronti delle donne anziane viene definita come “ageismo di genere” (gendered ageism) per indicare le specificità delle discriminazioni affrontate dalle donne rispetto agli uomini, a causa della malevola intersezione di due fattori: età e genere. Ai pregiudizi legati all’essere donna si aggiungono quelli dovuti all’età cronologica e all’invecchiamento.
La percezione nei confronti dell’invecchiamento muta in base al genere, e, di conseguenza, cambia anche l’aggressività e la durezza delle discriminazioni associate.
Approdando alla vecchiaia le donne inevitabilmente portano con sé tutto ciò che ha contraddistinto le loro vite, modellate da fattori come situazione economica, famigliare, stato di salute, fattori che si intersecano strettamente e si riflettono, inevitabilmente, nella tarda età.
La diversa percezione della longevità tra i generi fa sì che le società che invecchiano rafforzino le norme prevalenti in cui agli uomini continua ad essere assegnata la maggior parte delle opportunità, delle risorse e del sostegno sociale: tutte le società rendono l’invecchiamento più facile per gli uomini che per le donne.
La popolazione a rischio non è la generica popolazione anziana, a lungo ritenuta un omogeneo insieme di portatori di bisogni, aspettative e capacità, ma quella costituita dalle donne.
Povertà solitudine e malattia connotano una condizione specificamente femminile
Le differenze di genere che accompagnano le donne per tutta la loro esistenza si ripercuotono, in età avanzata, impattando notevolmente sulla qualità della loro vita.
Si reputano, in modo particolare, fattori potenzialmente costitutivi di una vulnerabilità specifica delle anziane, rendendole più facilmente preda di discriminazioni:
- Svantaggi nell’educazione, nell’istruzione e nella formazione professionale;
- Minor reddito e più alto rischio di povertà;
- Maggior rischio di esclusione dal mondo del lavoro;
- Più pesante carico di lavoro, compreso caregiving;
- Più alto rischio di isolamento sociale;
- Più consistente rischio di disturbi cronici di salute o di trattamenti inadeguati;
- Problemi di mobilità;
- Minor partecipazione ai processi decisionali, di realizzazione e di rappresentanza dei loro interessi.
È implicita la necessità mettere in atto strategie di contrasto all’ageismo, in particolare nei confronti delle donne.
Accanto a politiche e leggi antidiscriminatorie, che riconoscano le distorsioni del pensiero ageista e all’eliminazione di leggi discriminatorie, occorre un patto sociale: un aiuto intergenerazionale per avviare un cambiamento positivo nella vita di molte persone, dagli anziani di oggi, ai giovani che saranno anziani domani,
La considerazione della vecchiaia può e deve cambiare prestando attenzione ai pregiudizi e agli stereotipi, non negando i reali benefici che il passare del tempo, nella maggior parte dei casi, comporta.
Scopri il progetto “ESSERE DONNA ESSERE ANZIANA INVECCHIARE AL FEMMINILE” dell’Associazione Eva, finanziato da un bando della Chiesa Valdese, mira a scardinare gli stereotipi legati all’età e a rafforzare l’idea di una vecchiaia vissuta positivamente ed intensamente.