Camminare per strada e sentirsi invisibili. Farsi belle per una serata e vedere gli sguardi di tutti seguire le persone più giovani. Incontrare amici o famigliari e sentirsi esclusi dal loro presente. Sentire il peso tremendo dell’immagine che il mondo incolla addosso a chi è anziano: inutile, passivo, ancorato al passato.
Eppure non è così. Esiste un modo felice e creativo di essere anziani ed anziane, esiste una dimensione che permette ritmi diversi e pensieri nuovi, esiste un tempo perfetto per conoscere il proprio volto ed il proprio corpo modellati dal tempo e dalla vita. Esiste un posto, nel mondo, per ciascuna persona anziana.
Questo è lo scopo del progetto dell’Associazione Eva, raccontare liberamente la propria età e liberarla da tutti i preconcetti, i luoghi comuni, le banalità che – anche inavvertitamente – su di essa si depositano.
Il giudizio altrui ha spesso un peso eccessivo nelle nostre vite, in base ad esso adeguiamo i nostri comportamenti, orientiamo le nostre scelte e scegliamo di rinunciare a qualcosa. Così è per gli anziani, vittime di un fenomeno che si chiama “ageismo”: in breve, l’abitudine a considerare l’età avanzata come una malattia, un difetto, e ad attribuirvi limiti e costrizioni in realtà inesistenti.
Noi dell’Associazione Eva, tramite il progetto “Essere donna Essere anziana Invecchiare al femminile”, intendiamo attivare un percorso in cui coloro che con noi lo intraprenderanno racconteranno di sé, della propria vita, della propria esperienza come “anziano/anziana”, delle proprie speranze e della propria lotta quotidiana per non venire messo da parte.
Il racconto è il punto centrale del progetto: nelle parole, nelle esperienze di ciascuno sarà possibile individuare e smantellare gli stereotipi imposti dall’esterno – ma talvolta anche profondamente introiettati: “Se si è vecchi si è così”, “cosa ci si può aspettare da una persona anziana?”, “fa così perché è un vecchio/una vecchia”, “alla tua età fare questo, ma sei impazzito/impazzita?”. Davvero qualcuno non ha mai sentito una frase del genere, o addirittura non se l’è detta da solo/sola?
La prima fase del progetto quindi consiste in una liberazione, in una ripartenza. Ci si libera dagli stereotipi narrandoli e riconoscendoli, ed ascoltando le narrazioni di altri. Il gruppo sarà guidato da persone formate che con attività diverse aiuteranno ciascuno a raccontarsi e a ravvisare nel proprio racconto ed in quello altrui tutti gli insensati luoghi comuni legati all’età anziana. L’analisi di questi stereotipi, il riconoscerli come forzature esterne è il primo passo per eliminarli dalla propria vita.
Questo sarà poi il contenuto della fase di restituzione, durante la quale presenteremo alla cittadinanza i risultati di quanto emerso. Le frasi, i pensieri più significativi verranno raccolti e costituiranno il nucleo di uno spettacolo che, questa è la nostra speranza, contribuirà a rendere consapevole anche altra gente dell’incredibile spreco di risorse che l’ageismo comporta.
E che fare a questo punto dello spazio e del tempo lasciati liberi dai luoghi comuni, che si spera eliminati per sempre? La nostra convinzione è che non vi siano limiti alle esperienze che una persona anziana può vivere. Si può fare sport, si può viaggiare, ci si può dedicare allo studio o alla cucina. Si possono costruire nuovi rapporti e nuove relazioni, ci si può dedicare ad un hobby, si può scrivere e si può leggere. Si può ballare e si può lavorare, si può avere una vita sessualmente attiva, si può assaporare ogni momento pienamente ed intensamente.
Grazie alla medicina e al progresso l’aspettativa di vita è incredibilmente aumentata. Spetta a ciascuno di noi fare in modo che la sua qualità sia adeguata.